Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo IV, Classici italiani, 1823, IV.djvu/640

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TERZO 619 cui si ordina, ut cantatores Francigenorum in plateis Comunis ad cantandum omnino morari non possint; le quali parole non suonano propriamente azion teatrale, ma solo canto e gesti e atteggiamenti da saltimbanchi. Lo stesso vuol dirsi di quelle che chiamansi rappresentazioni, le quali, se in altro non consistono che nell1 esporre agli occhi de’ riguardanti con macchine, con pitture e con varii gesti e atteggiamenti qualche fatto, o qualche mistero, senza che gli attori tengan tra loro un seguito dialogo sull1 oggetto stesso che rappresentino, non si potranno aver in conto di azioni teatrali. Cosi spiegato ciò che intender dobbiamo sotto un tal nome, veggiamo quando si ricominciasse in Italia a usarne, e a qual tempo si debba fissare il rinnovamento della poesia drammatica. XXIV. Dopo l’invasione de’ Barbari, e singolarmente dopo quella de’ Longobardi, io non credo che si possa additare per lungo tempo alcun componimento di scena , o che si possa trovare negli scrittori indicio alcuno che su’ teatri si recitasse veruna azione drammatica. Il più antico poema di questo genere ne’ secoli bassi, che fino a noi sia giunto, è, s’io non erro, una certa o tragedia, o commedia che vogliam dirla, scritta latinamente e data alla luce dal P. D. Bernardo Pez (Thes. novis. Anecdot. t. 2, pars 3, p. 185), e intitolata: Ludus Paschalis de adventu et interitu Antichristi, la quale egli pensa che fosse rappresentata in Germania nel secolo XII. Ognun vede qual sorta di dramma poteva a quei tempi