Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo IV, Classici italiani, 1823, IV.djvu/653

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632 LIBRO non si vergognili gli uomini di ancor seguirle, così avvenne ancora della poesia provenzale e della italiana riguardo alla latina. Questa era già da tanti secoli, per così dire, la dominante , e di essa sola avean usato coloro che aspiravano all’onorevol titolo di poeti. Ma dappoichè si cominciò a conoscere e ad operare in Italia la lingua provenzale, e dappoichè la lingua italiana ancora fu ridotta a stato che si potesse usarne con soavità e con dolcezza, quelli che aveano o credeano di aver talento a poetare, si rivolsero presso che tutti all’una e all’altra; e assai pochi furono quelli che verseggiassero latinamente. Alcuni nondimeno ve n’ebbe, benchè non molto felici; e noi perciò dopo avere non brevemente parlato de’ poeti provenzali e italiani, dobbiam trattare di questi ancora, e conchiuder così il ragionamento della poesia di questo secolo. IL Arrigo da Sellimello é il più antico tra’ poeti latini di questa età, perciocchè egli fiorì agli ultimi anni del secolo XII, e al cominciar del seguente. Filippo Villani ne ha scritta la Vita tra quelle degl’illustri Uomini Fiorentini, che sono state date alla luce, ma solo nella lor traduzione italiana, dal co. Mazzucchelli (p.61). E il ch. ab. Mehus ci avvisa (Vita Ambros. camald, p. 145) che di questa versione è in più luoghi diverso il testo originale latino, di cui egli ha dato alcuni estratti. Noi dall’uno e dall’altro, ma molto più dal poema stesso di Arrigo, intitolato: De diversitate fortunae et philosophiae consolatione, e da altri scrittori verremo scegliendo le più sicure notizie intorno