Vai al contenuto

Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo IV, Classici italiani, 1823, IV.djvu/725

Da Wikisource.

7«.>4 ’ LIBRO color die vissero al line del secolo xm scrissero assai men rozzamente di quelli che n’eran vissuti al principio, così vedremo nel secolo susseguente l’una e l’altra lingua acquistare grazie e bellezze sempre maggiori, cioè la latina rendersi più somigliante a quella usata dagli scrittori del buon secolo, l’italiana formarsi sempre più armonica e più leggiadra; e al medesimo tempo vedremo stendersi sempre più ampiamente le cognizioni, farsi nuove scoperte, e avanzarsi in somma felicemente a gran passi per quella carriera medesima sul cui principio si erano incontrate difficoltà e ostacoli quasi insuperabili. Noi frattanto dopo aver veduto fin qui chi fossero i precettori, e quali i precetti dell’arte di ben parlare, dobbiamo ora ricercar brevemente qual fosse di questi tempi lo stato della eloquenza. XXIV. Se a giudicare dell’arte rettorica di un dicitore, ci bastasse l’esaminare gli effetti che col suo dire ei produce, noi dovremmo qui confessare che niun secolo forse fu ugualmente a questo fecondo di eloquentissimi oratori. Nelle storie degli autori contemporanei che scriveano ciò che aveano sotto i lor occhi, veggiamo innumerabili schiere di popolo affollarsi alle prediche di S. Antonio da Padova, di S. Domenico, e de’ suoi primi compagni. E, ciò che è più, veggiamo maravigliosi effetti de’ loro ragionamenti: estinte le fiamme delle popolari discordie, riuniti in pace i più ostinati nemici, condotti a penitenza gli uomini più malvagi. Abbiam veduti più professori dell’università di Bologna all’udire i sermoni di F. Reginaldo e