Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo IV, Classici italiani, 1823, IV.djvu/730

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TERZI) 70() a’ vantaggi del rozzo popolo, il quale senza ciò difficilmente avrebbe tratto alcun frutto dalle prediche dette in lingua ch’esso non avea appresa. Non è però da ommettere che la lingua volgare non erasi ancora separata, per così dire, e allontanata talmente dalla latina, che uno il quale non avesse fatto di questa studio alcuno, pur non potesse intenderla in qualche modo. Noi veggiamo quanto ritengono ancor del latino le opere che abbiamo in lingua italiana di questo secolo; e quindi per questa somiglianza tra le due lingue il popolo allora dovea assai meno difficilmente intendere il latino che non al presente , or che la nostra lingua, formando sue leggi proprie e sue proprie espressioni, si è tanto più discostala dall aulica sua madre. E io non saprei se maggior differenza vi avesse fra la lingua volgare di que’ tempi e la latina, di quella che v’abbia ora tra i dialetti plebei della maggior parte delle città d’Italia e la elegante lingua italiana , qual si usa da’ moderni colti predicatori. E come ciò non ostante il rozzo popolo ancora accorre alle prediche che or si fanno, e le intende, o almen si lusinga d’intenderle, così io credo che pure avvenisse nell’ascoltar le prediche che si faceano in lingua latina. Finalmente è probabile assai che i predicatori di que’ tempi, benchè parlassero latinamente, cercasser però di usare, quanto più poteano, i popolari idiotismi, e di adattarsi alla rozzezza de’ loro uditori. Anzi, come il ch. Zeno riflette, veggiamo che alcuni ne’ loro sermoni usavan talvolta di frammischiare de’ tratti in lingua volgare; perchè con essi il popolo più facilmente intendesse ciò che forse non J