Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 1, Classici Italiani, 1823, V.djvu/181

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IV. .Scarse**» de1 liliri; inTmuione della caria di lino. 144 LIBRO uomini cercano il loro guadagno , quanto degli studiosi medesimi, e di que’ che hanno la cura de’ pubblici affari, i quali non si prendon pensiero alcuno di ciò , nè si ricordano che Costantino diè ordine ad Eusebio di Cesarea che i libri non si scrivessero, se non da periti e ben esercitati scrittori. E ben n’ebbe a fare esperienza lo stesso Petrarca, il quale, scrivendo al Boccaccio (Senil. l. 5, ep. 1), si duole che dieci e più volte avea tentato di far copiare il suo libro della Vita solitaria, e che non mai l’avea potuto ottenere per l’ignoranza e la pigrizia de’ copiatori: talché, egli dice, sembrerà appena incredibile che un libro scritto in pochissimi mesi, nel corso di molti anni non siasi potuto copiare. IV. Nè solo guasti e scorretti, ma rari ancora erano i libri, sì perchè molto tempo e non poco denaro si richiedeva ad averne copia, sì perchè non era sì facile a ritrovare le pergamene, sulle quali allora usavasi scrivere. Perciò tra alcuni provvedimenti che per l’università di Bologna furono pubblicati l’anno 1334, troviam questo fra gli altri che niuno Scolare avesse ardimento di portare sorte alcuna di libri fuori di Bologna senza licenza bollata col sigillo degli Anziani, Consoli e Difensori dell’avere, sotto pena di perdere li detti libri, e di essere gravemente punito (Ghirardacci, t. I , p. 117). Così la scarsezza de’ libri facea che si rimirassero quasi contrabbandieri coloro che li trasportavano altrove, e che fosse allora delitto ciò che or sarebbe degno di lode e di premio.