Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 1, Classici Italiani, 1823, V.djvu/241

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2(>4 LIBRO in gran parte la fama di cui seguirono a godere. Il Petrarca trasportato da quel nobile entusiasmo da cui era compreso per le glorie della sua Italia , non temette in quella sua forse un po’ troppo calda invettiva di rimproverare ai Francesi che la gloria di quella università doveasi quasi interamente agl’Italiani. Costui forse, die’ egli (Apolog. contra Galli calumn. Op. t. 2, p. 1191, ec.), intende di parlar dello Studio, come se chiunque studia in Parigi debba perciò dirsi francese. Io dirollo mal volentieri, ma pur dirollo , poichè la verità mi ci sforza. Ella è questa certamente una illustre città e onorata della reale presenza: ma per ciò che appartiene allo Studio, ella è come un paniere in cui si raccolgono le più belle e le più rare fruita (T ogni paese. D ac che quello Studio fu fondato , come si legge, da Alcuino maestro di Carlo Magno, non vi è mai stato, di io sappia? un Parigino di qualche fama: ma que’ che vi furon più celebri} furon tutti stranieri, e, se l’odio non accieca cotesto barbaro , furono in gran parte Italiani; Pietro Lombardo novarese, cui essi chiamano Pier di Lombardo, come se questo fosse nome del padre, e non della patria, Tommaso d’Aquino, Bonaventura da Bagnarea, Egidio Romano, e molti altri. Così il Petrarca unisce insieme questi famosi teologi che in diversi tempi aveano a quella università conciliata sì grande fama , de’ quali e di più altri ancora abbiam ragionato a lungo ne’ due precedenti volumi. Or in questo secolo ancora non mancarono a quella celebre università teologi italiani, che se non possono essere