Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 1, Classici Italiani, 1823, V.djvu/393

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356 libro vera Sapienza, del Disprezzo del Mondo, benchè abbiano molte riflessioni ascetiche, e negli ultimi singolarmente sembri ch’egli abbia preso ad imitare le sincere ed umili Confessioni di S. Agostino, con cui in essi ragiona, hanno nondimeno più cose tratte da’ fonti della filosofia morale, e mostran lo studio che il Petrarca avea fatto non solo su gli antichi scrittori di tale argomento, ma, ciò che giova assai più, sull1 indole del cuore umano. Al principio di questo capo abbiam parlato del libro intitolato De sui ipsius et multorum ignorantia, che anche a questo luogo può riferirsi. Egli ci ha finalmente lasciati due, per que’ tempi, eccellenti libri, uno sul governo della Repubblica indirizzato a Francesco da Carrara signor di Padova, l1 altro su’ doveri di un Generale d1 armata, eh1 egli inviò a Luchino del Verme general comandante dell1 esercito veneto. Il Petrarca però fu presso che il solo che in tali argomenti si esercitasse scrivendo. Perciocchè io non penso che alcun pretenda eli1 io mi faccia qui a ricercare e ritessere una steril serie di alcuni piccoli trattatelli morali in questo secolo scritti in lingua italiana, i quali han bensì qualche pregio per la purezza di lingua con cui furono scritti, ma non accrescon punto le glorie dell1 italiana letteratura (*). Basti accennare per (*) Fra gli scrittori di filosofia morale non debb’essere dimenticato Sebastiano da Gubbio, di cui conservasi ms. nella Laurenziana un’opera di tale argomento, intitolata Liber de Teleutologio , nella quale, a somiglianza di Boezio, va frammischiando la poesia alla prosa. Il canonico Bandini ce ne ha dato qualche saggio ,