Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 1, Classici Italiani, 1823, V.djvu/552

Da Wikisource.

SECONDO 515 a dare una qualunque idea del gran numero de’ giureconsulti italiani di questo secolo, del favore con cui questo studio si coltivava, della gara delle università italiane nell’invitare i più celebri professori, degli onori che loro in gran parte si concedevano, e de’ luminosi impieghi che venivano lor confidati. XL1I. Una sola riflessione mi si permetta a XLn. . i- r i. Calebnu questo luogo di fare, a gloria sempre maggiore <irHc*u«della nostra Italia. Il Panciroli ci ha date le no- ,u "."LU! tizie non solo de’ giureconsulti italiani, ma degU*”*"*""* stranieri ancora. Or mentre de’ primi egli ci schiera innanzi un sì ampio catalogo, assai pochi ci nomina de’ secondi. Perciocchè di questi altri io non trovo che Pietro da Bellapertica (c. 46), Beltrando da Monte Faentino (c. 60) e Giovanni Fabri (c. 61). E ancorchè io voglia concedere che il Panciroli non abbia avuta notizia di tutti, ognun vede però qual differenza passi fra ’l numero che n’ebbe F Italia, e quello di cui si possono gloriar gli stranieri. In fatti continuava anche in questo secolo l1 affollato concorso de’ forestieri alle università italiane, singolarmente a cagione della giurisprudenza, di cui benché vi avessero scuole anche in altri paesi, non giugneano però alla celebrità e al nome delle italiane. Io non trovo parimente alcun Italiano che in questo tempo andasse in provincie straniere a professare la legge. Il Panciroli afferma (c. 60) che Guglielmo da Cunio (luogo della Romagna ora distrutto1) fu professore in Tolosa e rivale di Bertrando di Monte Faentino, ossia di Montfavez, nella diocesi di Cahors, che fu poi fatto