Vai al contenuto

Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 1, Classici Italiani, 1823, V.djvu/68

Da Wikisource.

PRIMO 3l eli questo incomparabil monarca si veggono ancora accennati dallo stesso Petrarca in seguito del lungo passo che ne abbiam poc’anzi recato. Prima ancora però eli’ egli conoscesse il Petrarca, non era sprezzator dei poeti a tal segno che non credesse ben impiegato il denaro a comprarne i libri. Ne abbiam la pruova in un ordine da lui spedito l’anno 1338 a un suo ministro (V. pref. al Tratt. delle Virtù mor. del re Rob.), con cui gli comanda di pagare cinque once d’oro a F. Giovanni da Napoli dell’Ordine de’ Minori, che per sua commissione avea provvedute tutte l’opere canoniche e poetiche di Francesco da Barberino. Molti hanno creduto che Roberto non sol pregiasse, ma coltivasse ancora la poesia, e eli’ ei sia l’autore del Trattato delle Virtù morali in versi italiani, che a lui comunemente si attribuisce. Ma noi mostreremo altrove l’errore di tale opinione , in cui per altro è caduto anche l’eruditissimo abate Mehus (Vita Ambr. camald, p. 273). Nella Biblioteca del re di Francia trovasi registrata (Cat. Codd. mss. t. 3, p. 540, cod. 4046) un’opera di Roberto re di Sicilia e di Gerusalemme intitolata: Tractatus de Apostolorum ac eos praecipue imitantium Evangelica paupertate. A me pare assai strano che il re Roberto volesse scrivere di un tale argomento, e forse egli è stato confuso con un Roberto domenicano, a cui nel luogo medesimo vedesi attribuito un somigliante trattato. L’unico saggio che del saper di Roberto ci sia rimasto, è una lunga lettera , o anzi un sermone ch’egli scrisse a’ Fiorentini a’ 2 di