Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 2, Classici italiani, 1823, VI.djvu/203

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TERZO 707 ne1 libri stampati, o ne’ codici a penna. E poichè sin d1 allora sembrava a molti, come sembra anche al presente a non pochi, che il verseggiare e il poetare fossero una cosa medesima, e che ad essere poeta bastasse l’essere rimatore, quindi infinito era il numero di coloro che si davano il vanto di cantare soavemente j e a1 quali, quando avean accozzati insieme quattordici versi rimati, pareva d’aver fatto un sonetto , e di poter cingere alloro alla fronte. Nondimeno , fra la gran turba di freddi ed insipidi rimatori, sorsero in questo secolo alcuni genii sublimi e veramente poetici 5 ed altri ancora che, benchè inferiori ad essi in valore, seppero nondimeno con diligenza premere le loro pedate e divenner poeti. Nel quarto tomo di questa Storia ci siamo alquanto a lungo distesi in ricercar le notizie de’ più antichi poeti, benchè la più parte delle lor poesie possano senza gran danno giacersi dimenticate. Doveasi questo ai primi padri della poesia italiana, i quali, comunque poetassero rozzamente, furon però i primi ad aprire un non più tentato sentiero su cui poscia si misero i lor successori con esito più felice. Ma ora ci è troppo necessario il restringere le nostre ricerche a quelli che o per F eccellenza del poetare, o per qualche altro riguardo furon e son tuttora più illustri. Altrimente quando mai questa nostra Storia avrebbe fine ì Per altra parte , chi è avido di sapere quanti e chi fosser coloro che poetarono in lingua italiana, e in quai libri conservinsi le lor poesie, nelle sopraccitate opere del Crescimbeni e del Quadrio troverà abbondantemente di che