Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 2, Classici italiani, 1823, VI.djvu/251

Da Wikisource.

TERZO 755 coltivatori della poesia italiana, e del secondo il Crescimbeni ha pubblicato un sonetto (t.3, p. 71). Abbiamo inoltre parlato a lungo di ("Cino da Pistoia giureconsulto insieme e poeta, ma più famoso per le sue poesie che per le sue opere legali, perciocchè per comune consentimento egli è uno dei più colti poeti di questa età, e fra quelli che precederono il Petrarca, non vi ha (forse alcuno che in eleganza e in dolcezza a lui si possa paragonare, degno perciò dclP amicizia e della stima di Dante che spesse volte ne parla con molta lode (Op. t 4 ed Zatta p. 261, 268, 275, 285, ec.). Più edizioni si hanno delle poesie di Cino, e fra esse quella più copiosa pubblicata in Venezia, l’an 1589, dal P. Faustino Tasso minor osservante, nella quale però il P. degli Agostini con buon fondamento sospetta che le poesie del secondo libro sieno di autori più moderni (Scritt vcnez. pref. L 2, p. 523, ec.). Una canzone di Cino sulla morte di Dante conservasi manoscritta nella biblioteca di S. Marco in Venezia (Cat Bibl. S. Marci, t. 2, p. 247). Il Petrarca cbc, benché non f avesse probabilmente avuto mai a maestro , stimavalo nondimeno come leggiadro poeta, ne pianse con un sonetto la morte (par. 1 , son. 71). Nell’edizione del Petrarca, fatta in Firenze nel 1522, leggonsi, come avverte il Quadrio (l. cit. p. 187), alcune rime di Giovanni de’ Don di, non già pistoiese, come altri ha scritto, ma padovano, di cui si è ragionato all’occasione dell1 ingegnosa sfera da lui ritrovata. Lo stesso dicasi di alcuni altri di quelli da noi rammentati ne’ precedenti capi,