Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 2, Classici italiani, 1823, VI.djvu/271

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TERZO 775 de’ suoi dialogi con S. Agostino, da lui scritti T anno i343, cioè cinque anni prima della morte di Laura, in cui egli si fa a disputare col Santo, e a volergli provare l’innocenza del suo amore; ma alf udirsi schierare innanzi da lui tutti gli effetti che ne seguivano , l’inquietudine, la turbazione, il trasporto, le veglie, la noja d’ogni cosa, confessa sinceramente eh1 egli è avvolto in un laccio pericoloso, e chiede ajuto ad uscirne. Deesi però confessare, a onor del Petrarca, ch’egli stesso non tardò molto a conoscere che la sua passione abbisognava di freno, e a cercarne gli opportuni rimedj. Ecco com’ei ne ragiona in una lettera scritta l’an 1336 al P. Dionigi da Borgo S. Sepolcro agostiniano e professore nelP università di Parigi, da noi altrove già nominato. Io diceva a me stesso: oggi si compie il decimo anno, dacchè , abbandonati i fanciulleschi studj, partisti da Bologna. Dio immortale! qual cambiamento de’ tuoi costumi è in questo frattempo accaduto! Sono ancora troppo lungi dal porto per potere ricordare sicuramente le passate procelle. Verrà forse un giorno in cui rammenterò le cose con quel! ordine stesso con cui sono avvenute, dicendo prima col tuo S. Agostino: io vuo’ ricordarmi le antiche mie debolezze, e le vergognose passioni dell9 animo mio, non perchè le ami ancora, ma per amar voi, mio Dio. Molto, egli è vero, ancor mi rimane di pericolo e di fatica: io più non amo ciò che ho amato in addietro: ma no: pur troppo io C amo ancora, ma l’amo con più modestia, con più contegno; sì; io amo ancora, quasi mio malgrado io