Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 1, Classici italiani, 1824, VII.djvu/106

Da Wikisource.

yo LIBRO ciò pareva che dovesse loro vietare il rivolgere il pensiero alla protezion delle scienze. Ma come gli altri principi di questo secolo sepper congiungere insieme il difendere i loro Stati colla spada alla mano, e il farli felici coll'avvivarvi gli studi d' ogni maniera, così molti ancora tra’ romani pontefici ne’ tempi stessi più torbidi e più pericolosi si mostrarono splendidi mecenati della letteratura non altrimenti che ne’ più tranquilli giorni di pace. Vedrem nel capo seguente, che Innocenzo VII mentre avea a contendere coll’antipapa Pietro di Luna, concepì l’ida di far risorgere più gloriosa che mai l’università romana: e il pensiero sarebbesi condotto ad effetto, se la morte non l’avesse rapito nell’atto di eseguirlo. Molto ancora da Alessandro V potean aspettarsi le scienze, perciocchè egli era uomo dottissimo, e ad esse dovea tutto il suo innalzamento, come vedremo di lui parlando nel libro seguente. Ma appena quasi ei fu salito sulla cattedra di S. Pietro, che la morte nel fe’ discendere, e il rapì alla Chiesa. Di Martino V , benchè fosse pontefice di animo grande, e dotato di molte virtù, non trovo nondimeno alcun monumento di munificenza da lui usata a pro delle lettere, tranne le Bolle da lui spedite o ad approvare, o ad illustrare con privilegi parecchie università in Italia e altrove, che del Ciaconio si accennano (t. 2, p. 826). Non così Eugenio IV, che a ragione dee annoverarsi tra (quei pontefici che si renderon benemeriti delle scienze, c*l onorarle della lor protezione. Il suddetti Giacomo , citando 1’autorità «ltila Storia i-dita di