Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 1, Classici italiani, 1824, VII.djvu/346

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330’ LITRO la lingua, credettero inutile il proseguir più oltre nelle loro ricerche, e fecer ritorno in Portogallo. Qui finiscono le relazioni de’ viaggi del Mosto, il quale ad esse ne aggiunse un’altra della navigazione che l'anno 1462 intraprese Pietro Cintra portoghese, che va aggiunta a quella del Mosto, ma che non appartiene punto al mio intento. Pietro Martire d’Anghiera scrittor famoso f di cui dovremo più volte in questo capo medesimo far menzione, riprende assai aspramente il Mosto, perchè parlando delle navigazioni spagnuole dice di aver veduto ciò che veramente non vide mai. Perciocchè , dopo aver detto che l'anno 1513 si fe’ divieto dalla corte di Spagna , che niuno straniero passar potesse senza il real consenso in America? soggiugne: Propterea fui admiratus Aloisiutn quetnr latti Cadamustum Venetum Scriptorem rerum Portugallensium ita perfricata front*.• scripsisse de rebus Castellanis: fecimus, vidimus, ivimus: quae neque, fecit unquam, ncque Venelus quisquant vi dii (Occati. dee. 2 , Contin. l. 7). Quindi si duole che il Mosto abbia involato molto dai primi libri della sua propria Storia , non ancor pubblicati , e formata con essi f opera da lui medesimo data in luce. Io non so di qual opera del Mosto parli qui Pietro Martire. In quelle che abbiamo. ei non parla punto delle navigazioni spagnuole, ma sol di quelle de’ Portoghesi, riguardo alle quali aggiugne Pietro Martire, eli’ ei non vuol cercare se il Mosto abbia scritto ciò che veramente avea veduto , o siasi ivi ancora abbellito delle altrui spoglie: De Portugallensium inventis...