Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 1, Classici italiani, 1824, VII.djvu/406

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3qo libro alcuni seguaci. Io non ho tempo di confutare ciò eli’ egli assai lungamente va dicendo su questo argomento. Ma basti il dire che la maggior parte degli autori da lui citati, son troppo moderni in confronto a quelli el11 io ho di sopra accennali, e eli’ ei mostra di aver fra le mani una troppo cattiva causa coll’esser costretto, mi sia lecito il dirlo liberamente, a ricorrere all’impostura. Egli afferma che Ambrogio da Roccacontrata Segretario (di Giovanni de Urbe o Cò di Gallo successore di questo Pontefu e nel Vescovato di Novara, emendò) nel 1404 un opuscolo di Pietro Azario intitolato Canapicium, ove (Galleria di Minerva t. II, p. 402) scrisse di questa maniera: Candia, Castrum et natale solum Fr. Petri ex Ordine Minorum. Un tal testimonio potrebbe essere di molto peso. Ma esso è una mera finzione di Cotta , e il Roccacontrata non è altri che il Cotta medesimo, il quale, con libertà a uom dotto e saggio non convenevole, aggiunse quelle ed altre parole al codice dell1 Àzzario, che da lui medesimo fu pubblicato. Così ci assicura il Muratori, che ebbe sotto gli occhi le correzioni e le giunte dal Cotta fatte all’Azzario (Script. rer. ital. vol. 16, p. 2t)3, /p6), e osservò singolarmente l’intrusione da lui fatta delle sopraccitate parole. Or un uomo che usa di tali mezzi a difendere la sua opinione, non merita fede, ancor quando produce altri simili monumenti che non possiamo vedere; e noi perciò non gli crederemo, quando egli afferma che lo stesso Pietro Filargo nell1 orazione fatta in lode del duca Giangaleazzo Visconti, di cui però non