Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 1, Classici italiani, 1824, VII.djvu/563

Da Wikisource.

SECONDO 547 lettera a Filippo Valori (Ep.l. 11), scrisse i quattro libri delle Istituzioni Platoniche, le (quali avendo egli date a leggere a Cristoforo Landini e a Cosimo, amendue ne disser gran lodij ma lo esortarono insieme a non pubblicarle, finchè non avesse appresa la lingua greca, per poter quindi raccogliere dalle stesse opere originali la vera dottrina di Platone. Diedesi dunque allo studio del greco, in cui dice il Corsi aver udito che egli avesse a suo maestro il Platina. Ma il silenzio del Ficino, che non ha mai fatta menzione di esso nelle sue opere, e la serie della vita del Platina già esposta a suo luogo, mi fa dubitare che il Corsi non fosse di ciò troppo bene informato. Del frutto raccolto con tale studio ei diede i primi saggi col recar di greco in latino gli Inni attribuiti ad Orfeo ed altre poesie greche. Perciocchè avendo egli letto in Platone che la musica ci è stata da Dio conceduta anche per sedar le passioni, in essa ancora volle istruirsi, e godeva di accompagnare quegli Inni col suon della cetera. Tradusse poscia il libro dell’Origine del Mondo attribuito a Mercurio Trismegisto, e avendo offerte a Cosimo queste sue prime fatiche, egli gli fece dono di un bel podere nella sua villa di Careggi presso a Firenze, e innoltre di una casa in città, e di alcuni codici greci magnificamente scritti delle Opere di Platone e di Plotino. Ei prese quindi a tradurre in latino tutte le Opere di Platone, il qual lavoro fu da lui in cinque anni condotto a fine, contandone egli allora trentacinque di età. Morto frattanto Cosimo, Pietro di lui successore e figliuolo imitò gli esempi