Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 1, Classici italiani, 1824, VII.djvu/568

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55a libro che un uomo di sì aculo ingegno e di sì indefessa applicazione non ne abbia lasciate opere più vantaggiose, quali avremmo da lui avute, se non fosse andato sì ciecamente perduto dietro alle favole de’ platonici sognatori. WTT TI i A A II. 11 secondo ornamento e sostegno della filosofia di Platone fu Giovanni Pico della Mirandola conte della Concordia, uomo ancor più ammirabile del Ficino, perchè assai più oltre distese le sue cognizioni, e rivolse i suoi studj comunemente a più giovevoli oggetti j e rapito da immatura morte in età di soli trenladue anni, lasciò nondimeno tai saggi del suo sapere, che si crederebbe aver lui avuta lunghissima vita. Gianfrancesco Pico di lui nipote, e di cui dovremo parlare nel secolo susseguente, ne ha scritta la Vita che va innanzi alle Opere di Giovanni. E noi da essa trarremo le principali notizie, più altre ancora aggiungendone raccolte altronde, poichè de’ moderni scrittori pochi son quelli che ne ragionino con esattezza (a). Giovanni ebbe a genitori Gianfrancesco Pico, la cui famiglia già da gran tempo era signora della Mirandola e della Concordia, e Giulia Boiarda; e nacque nell'anno 1463 terzo tra’ suoi fratelli. Perciocchè innanzi a lui eran nati Galeotto padre di quel Gianfrancesco nominato poc’anzi, e Antonio Maria-, e nate già erano parimente due sorelle, una delle quali maritata prima a Leonello Pio, fu madre del (a) Yeggansi più distinte notirie di Giovanni Pico nella Biblioteca modenese (t. 4, p■ 9 5, ce.; t. 6, p. 161).