Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 1, Classici italiani, 1824, VII.djvu/574

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558 LIBRO composte; e le scienze sacre furono il principale oggetto a cui allor si rivolse, senza però trascurare la filosofia platonica che gli fu sempre assai cara. In Firenze, ove soggiornò gli ultimi anni della sua vita, godeva continuamente della conversazione di Marsiglio Ficino, di Angelo Poliziano e di Lorenzo de’ Medici; e abbiamo altrove veduto con quale affetto questi volle dargli gli ultimi amplessi innanzi alla morte. A questi studj congiungeva il costante esercizio delle più belle virtù, e singolarmente di una singolare liberalità verso i poveri; per cui fra le altre cose avea ordinato a Girolamo Benivieni cittadin fiorentino e valoroso poeta, che sovvenisse a suo conto qualunque povero ne avesse bisogno, e collocasse in matrimonio le fanciulle prive di dote. Nemico della lode permise talvolta che sotto altrui nome uscisse qualche sue opera, e non volle più intraprendere quelle pubbliche dispute, delle quali tanto erasi dilettato in addietro, e una volta sola a grande stento s’indusse a compiacere in ciò al duca Ercole I, che istantemente l’avea pregato di venire a Ferrara all’occasion del capitolo generale dell’Ordine de’ Predicatori che ivi dovea tenersi. Di queste e di altre rare virtù, che del più dotto uomo di quell’età formarono ancora il più amabile e il più saggio, parla a lungo lo scrittore della Vita; e a me basta f averne qui dato un cenno. Fra i molti scrittori contemporanei che di lui han parlato con somma lode, io citerò solo Paolo Cortese, il quale di lui racconta (De Cardinal. l. 1, p. 14) che dodici ore ogni giorno soleva impiegar nello