Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 2, Classici italiani, 1824, VIII.djvu/420

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Vaticana, e il Zeno ne ha pubblicata la lettera dedicatoria al medesimo imperadore, e son da leggersi le riflessioni eli* ri fa su questa versione. Il Fazio, il quale nella traduzion da lui fatta dello stesso storico sembra parlar con biasimo di quella del Vergerio, nell’elogio da noi citato di questo scrittore espressamente dice che avvertitamente trascurò il Vergerio in quella versione l’eleganza, perchè ella non riuscisse troppo difficile a intendersi a Sigismondo, il qual non era dottissimo nella lingua latina. Ma in ciò ancora sembra al Zeno che il Fazio abbia anzi cercato di accrescer pregio alla sua traduzione, che di darci una giusta idea di quella fatta già dal Vergerio, e mostra quanto sia lungi dal vero l’accusa data all’imperador Sigismondo di non intendere la lingua latina (Diss. voss. t. 1, p. 62). Delle altre opere del Vergerio, cioè dell’invettiva contro Carlo Malatesta signor di Rimini per la statua di Virgilio da lui atterrata in Mantova, la qual da alcuni è stata per errore creduta di Leonardo Bruni, da altri di Guarin veronese, del libro De ingenuis moribus, della Vita del Petrarca pubblicata dal Tommasini, dell’orazioni e delle lettere pubblicate dal Muratori, oltre più altre lettere che si conservano manoscritte, di una commedia latina che si ha in un codice a penna nell* Ambrosiana di Milano, e di più altre opere inedite dello stesso Vergerio, abbastanza han già ragionato il Muratori, il Zeno e il padre Niceron, perchè io debba dirne più oltre. Fra queste il libro De ingenuis moribus piacque allora per modo, che pubblicamente spiegava*!