Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 2, Classici italiani, 1824, VIII.djvu/465

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TERZO I 107 sentimenti (Diatr. ad Epist. Barb. p. 60) (a). L’amicizia ch’egli avea col Fazio, gli meritò da questo scrittore il magnifico elogio ch’egli ce ne ha lasciato nel suo libro degli Uomini illustri (p. 4)• Questo però potrebbe parer sospetto non men che le ingiurie del Valla. Io ne recherò perciò invece il giudizio di Paolo Cortese, scrittor dotto al tempo medesimo ed imparziale , che così ne dice (De Hom. doct. p. 28): In aliquo igitur numero fuit Antonius Panormita, homo doctus, et Juris bene peritus. Diligenter etiam satis loquutus est, et ut esset paullo politior, elegantiam sermonis Plautinam volebat imitari; sed ab eo aberat illa orationis integritas , ac sententiosa concinnitas: itaque sunt epistolae ejus languidiores. Fuit tamen perargutus Poeta, et illis temporibus non contemptus: nam is primus versus ad mensuram quandam numerosumque sonum revocavit; antea enim fractis concisisque numeris parum admodum versus a plebejis ry thmis differebant, quamquam ejus fere tota Poesis est obscena. Più severo ancora è il giudizio che ne ha dato il Giraldi, il quale, benchè confessi egli pure che il Panormita è scrittor faceto e piacevole, non sol ne riprende le oscenità, ma ne scuopre i difetti per modo, che conchiude non doversi esso dire nè buon poeta , nè buon oratore (7) Anche in una lettera allo stesso F. Antonio da Ro suo impugnatone, che ms. conservasi nella biblioteca di S. Maria del Popolo in Roma, dichiara il Panormila il dispiacer che prova per aver composti* quell’opera, dicendo fra le altre cose: Ncque ìfermaphroditus euiquam magis quam mihi ipsi odio est.