Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 3, Classici italiani, 1824, IX.djvu/487

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TERZO l^Ot III. In somigliante maniera renderono eterna la lor memoria e il lor nome i duchi di Milano, e singolarmente Francesco e Lodovico Sforza. Del primo racconta Pier Candido Decembrio, il quale ne scrisse la Vita, ch egli oltre l’avere in più guise abbellita quella città, rifabbricò il nuovo castello detto di Porta di Giove e il ducale palazzo, e che innoltre scavò pel tratto di venti miglia il canale detto volgarmente il Navilio della Martesana, che conduce fino alla stessa città le acque dell’Adda (Script. rer. ital. vol. 20, p. 1045). Credesi comunemente che questa fosse opera di Lodovico, e che vi avesse parte Leonardo da Vinci. Ma l’autorità del Decembrio morto prima che Lodovico avesse parte al governo di quello Stato, e quella di Gaudenzo Merula vissuto non molto dopo, il quale pure attribuisce quell’opera a Francesco (De Antiq. cisalp. Gall. l. 3, c. 9), ed altri autentici monumenti citati nella Relazione del Naviglio di Martesana (p. 3, ec.), non ci lascian in ciò alcun dubbio. A Francesco deesi parimente la magnifica e real fabbrica del grande spedal di Milano, a cui fu principalmente incitato dalle prediche del B. Bernardino da Feltre e di f Michele da Carcano. Alcuni ne fanno architetto Bramante, ma ei non avea che 13 anni, quando ne fu gittata la prima pietra. Più probabile sembra l’opinion del Vasari che ne attribuisce il disegno (Vite de.’ Pitt, t. 4, p• 15 ed- F*r. 1771) ad Antonio Filarete architetto fiorentino. Ma l’eruditissimo sig co Girolamo Carrara bergamasco in una sua lettera a monsig Bottari (Racc. di Lettere