Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 3, Classici italiani, 1824, IX.djvu/544

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l~58 LIBRO esse sono a fresco: e convien dire perciò, che se la pittura ad olio non fu invenzione di questo secolo, molto almeno in esso si perfezionò. XXIV’. Non dee qui passarsi sotto silenzio la miniatura, la quale in questo secolo giunse a non ordinaria vaghezza. Il lusso e la magnificenza de’ principi nel raccogliere codici e nel fregiarli di leggiadri ornamenti, fu cagion che quest’ arte venisse coltivata da molti con grande impegno, e che perciò, come suole accadere, ella divenisse presto perfetta. Non vi ha alcuna celebre biblioteca che non abbia molti di cotai codici, ne’ quali, oltre le lettere iniziali, le prime pagine vi si veggon messe a oro e a colori vaghissimi, e, ciò ch è più, ornate con diversi e graziosi disegni. Oltre quel f Giovanni da Fiesole da noi già nominato, il Vasari nomina un Attavante fiorentino (t 2, p. 226), e descrive le bellissime miniature di cui egli fregiò un codice di Silio Italico, ch era in Venezia nella libreria de’ SS. Giovanni e Paolo. Ma non v’ ha forse biblioteca che sia sì ricca di codici miniati da Attavante, come questa Estense. In alcuni egli ha segnato il suo nome, come ne’ Comenti di S. Tommaso sul primo delle Sentenze, nell’Omelie di S. Gregorio sopra Ezechiello, nell’ Esamerone di S. Ambrogio e nell’opera di S. Agostino contro Fausto. In altri, benchè non veggasi il nome, le miniature nondimeno son così somiglianti a quelle de’ codici già mentovati, ch è evidente che essi son opera del medesimo artefice. E tali sono un Ammiano Marcellino, un Dionigi Alicarnasseo, parecchie opere di Giorgio Merula, I