Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 3, Classici italiani, 1824, IX.djvu/83

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TERZO | Ma o fosse ch’esse altro non fossero che scene mute, o fosse che gli aittori ragionasse!- tra loro, come allora veniva lor sulla bocca, o fosse finalmente che niuno allora si prendesse pensiero di conservare a’ posteri cotali poesie, è certo che dopo la decadenza della letteratura fino al sec xiv non abbiamo alcuna sorta di poesia teatrale, composta in Italia, che sia fino a noi pervenuta. Le Tragedie di Albertino Mussato son le più antiche che si abbiano alle stampe, e noi ne abbiamo altrove parlato (t. 5, p. 576), accennandone ancora un’altra composta nello stesso sec xiv da Giovanni Manzini, e alcune Commedie di Francesco Petrarca. Tutti questi componimenti drammatici sono in latino; e pare che la lingua italiana non fosse ancor creduta opportuna al teatro. In fatti anche ne’ primi anni del sec xv si continuò-a usare nelle poesie drammatiche della lingua latina. Pierpaolo Vergerio in età ancor giovanile scrisse una commedia intitolata Paulus, Comoedia ad Juvenum mores corrigendos (Zeno, Diss. voss. t. 1, p. 59), la qual conservasi manoscritta nella biblioteca Ambrosiana. Gregorio Corraro patrizio veneto, da noi mentovato altre volte, destinato a regger più chiese, ma non giunto mai ad ottenerne alcuna, e morto nel 1464, compose in età di soli 18 anni una tragedia in versi latini intitolata Progne, la quale fu poscia stampata per la prima volta in Venezia nell’anno 1558, e che il Domenichi tradusse in italiano, spacciandola qual cosa sua. Del Corraro e di altre opere da lui composte ragiona esattamente il P. degli Agostini