Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 3, Classici italiani, 1824, IX.djvu/96

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« 3 I O LIBRO dire una union di dialogi, scritti con qualche eleganza, che un’ azione drammatica. Di somigliante argomento è un altro dramma latino intitolato Fernandus Servatus, che lo stesso Verardi ideò, e fece poi distendere in versi esametri latini da Marcellino suo nipote all’occasione dell’ attentato di un sicario contro la persona del medesimo re Ferdinando lo stesso an 1492. Esso ancora fu solennemente rappresentato in Roma, ed esso ancora fu dato alle stampe, di che veggasi Apostolo Zeno { Diss. voss. t 2, p. 271) (*). (*) Il ch. P. Ireneo Affò tante volte da me lodato mi ha indicata la prima edizione del Fernandus Servatus di Carlo Verardi, sconosciuta ad Apostolo Zeno, che cita sol quella del 1513. Essa è unita nWHìsloria Dnptica del medesimo autore, e della medesima stampa romana d’Euchario Silber nel 1493 in 4° Anche l’Disforìa Bori ca è una rappresentazione scenica, ma in prosa, tranne l’argomento e il prologo. In fine si legge: Acin ludìs Romani s Innocentio VIII in solio Petri sedente anno a ISaiali Salvaloris mccccxcij undecimo Kalendas Maii. Seguono alcuni componimenti in verso di Marcellino Verardi, indi una ballata che comincia: Viva il gran Re Fernando con le note musicali per cantarla. Il Fernandus Servatus può star solo, e non ha data tipografica, ma il carattere, la carta e la forma lo manifesta bastevolmente stampato al tempo medesimo, come è pure l’Epistola di Michele Ferno a Jacopo Antiquario intorno alle Legazioni italiche al pontef Alessandro VI, che alle altre cose è congiunta. Di Marcellino Verardi, e di alcuni altri della stessa famiglia, cioè di Camillo Cavalier pontificio, di Sigismondo e di Lattanzio conservansi alcune Poesie latine in un codice a penna scritto sulla fine del secolo xv nella libreria di S. Salvatore in Bologna.