Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 1, Classici italiani, 1824, X.djvu/123

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PRIMO I09 dell’ Ordine de’ Minori, indi generale del medesimo, e per ultimo vescovo successivamente di Cefalù in Sicilia, di Pavia, di Mantova, ove morì l anno ()1620, oltre la V'ita che il Donesmondi ne ha scritta, un bell elogio ne abbiamo nella Pinacoteca dell’Eritreo (pars 2, p. 202), ove a lungo descrive le singolari virtù delle quali fu adorno, l’eroico disprezzo delle pompe del mondo, il costante rifiuto delle dignità di cardinale, e, finchè gli fu lecito, di quella di vescovo, l ardente zelo e la saggia condotta delle chiese a lui affidate, i molti luoghi pii da lui fondati e dotati, le magnifiche fabbriche da lui innalzate a pro della Chiesa di Mantova, le copiose limosine a’ poveri distribuite, ed altre somiglianti singolarissime doti di questo sant’uomo. Ei fu innoltre dottissimo in ogni sorta di scienze sacre. La Storia latina da lui scritta dell’origine e de’ progressi dell’ Ordine di S. Francesco è la prima che abbiamo di quell’ argomento, distesa con sobrietà e con erudizione. L" Eritreo ne rammenta ancora i trattati teologici e le prediche, le quali però sin d’allora era incerto ove si conservassero. E questo scrittor medesimo aggiugne di aver udito da chi erano stalo rationem ci reddendatn esse scapi r existimahis, eumque imita bere, qui religione, Louis artibus, tuaviusimis morbus citm gravitate con/unctis, anni denique laude cumulatiti, vi a ni virtutis nobis demonstrat, a qua non anihtio, non avaritia cimi nunquam deduxit. SeJ ne~ scio quo pacto te eoliortatus sum, ut ei pertimilis esse veliti cujus vesti gin per sequi, nutusque oancs mihi visus es stmper in tue ri. Quamobrein libi persuadali velini, incanì uraliani ni abundantia amoris erga (e //ivi ad hortationem esse delapsam. Vale.