Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 1, Classici italiani, 1824, X.djvu/92

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7® L1BUO ina che questo amor medesimo gli era dannoso y perciocché ricevendo tutti cortesemente, e con tutti trattenendosi con bontà singolare, costringe bensì tutti ad amarlo teneramente j ma è talmente assediato da quelli che ne ambiscon la grazia, che appena gli riman tempo a pensare a se stesso j e parlando di se medesimo, dice che avvezzo, com era, a starsi tante ore solo col cardinale Ippolito, or al vedersi fra tanta turba, pareagli di essere in un mondo del tutto nuovo. Così egli scriveva da Roma nel i5;7 (/.a, ep. 23). Ma ei probabilmente cambiò linguaggio, quando l anno seguente si vide da lui onorato di un grande e onorevole donativo, il qual però non sappiamo che fosse, perciocchè insieme gli ordinò di tacerlo, com egli scrive al Sacrati (inter Epist Socrat. l 5,p. 292) nell’an 1578: Cardinalis Estensis simulatque istinc rediit (cioè da Ferrara) amplo me atque hnnorijico ninnere dori avit, quod ego eo magis praedicare gestio quod ipse tacere me jussit. Abbiam ancora la testimonianza di Giglio Gregorio Giraldi del grande desiderio di apprendere cose nuove, di cui ardeva il cardinale Luigi fino da’ primi anni della sua gioventù; perciocchè egli a lui dedicando uno de suoi Dialogismi (dial. 6), dice che da tutti veniagli riferito quanto avido ei fosse dello studio, a cui anche senza altrui stimolo attendeva con sommo impegno; sicchè qualunque uom dotto venissegli innanzi, tosto lo interrogava or d una, or d’ altra cosa concernente le lettere. Si posson vedere per ultimo