Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 2, Classici italiani, 1824, XI.djvu/146

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74r> unno aggiugne (Merrh p. aor) die nelle Schede del Sarpi, le quali esiston tuttora nel convento del suo Ordine in Venezia, si trovan tre abbozzi di una dimostrazione selenografica, ove si veggono ai’ siti lor proprii nel disco lunare quelle macchie che poi dall' Ève!io furon dette Pontus Euxinus, Mare Mediterraneum, Colchis, Mare Adriaticum, Mare Egeum, Mons Sinai,ec. Se dobbiam credere all anonimo scrittore della Vita del Sarpi, questi al pari del Galileo avea saputo trovare il modo di formare il telescopio. Dagli scritti però sì editi che inediti di f Paolo ciò non raccogliesi, e solo dalla lettera sopraccitata si trae che nel 1610 era quello stromento già assai noto in Venezia e adoperato da lui nelle sue osservazioni, e che quegli artefici si andavano sempre più perfezionando nell’arte di lavorarlo: Amicus tuus quem dicis fabricasse instrumentum, quo plures videat stellas fixas, et alias notet lunae maculas, id ipsum conatus est quod nostri; sed hic nostri valde progrediuntur et in fabrica et in usu instrumenti. Non dubito, quin tota philosophia coelestis sumat maxima incrementa. Nè qui si ristettero le osservazioni e le scoperte del Sarpi. In un' altra lettera al Lescasserio, prodotta dal Griselini (ib. p. 209), ei riferisce le belle osservazioni sulla declinazione dell ago calamitato, che avea fatte Gianfrancesco Sagredo patrizio veneziano, di cui parleremo nel secol seguente, ne suoi Viaggi nella Siria; accenna quelle che fatte avea egli stesso, e si mostra favorevole alla opinion del Gilbert i, che il globo terrestre sia come una gran t