Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 2, Classici italiani, 1824, XI.djvu/168

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7^8 LIBRO (.ardano, avendo avuta notizia di questa sfida e de ritrovati di Niccolò, mandò a Venezia chi il pregasse a comunicargli così i quesiti suoi, come quegli ancora del Fiore. Il 1 attaglia ricusò dapprima ogni cosa, e poi s’ indusse soltanto a inviarli i secondi. Il che diede occasione ad alcune aspre e pungenti lettere che l’un l’altro si scrissero (ib. ques. 3 i, ec.). La stima però, che il Cardano mostrava di Niccolò, e i replicati inviti che quei gli fece, determinarono il Tartaglia a recarsi a Milano sul finir della quaresima dell’anno stesso ib. ques. 34), e a conferir col Cardano. Questi lo strinse per modo, che Niccolò si condusse finalmente a dargli la sua regola in 25 assai rozzi versi italiani; ma volle prima che il Cardano con giuramento si obbligasse a non pubblicare in alcun modo quel suo ritrovato, neppur sotto il nome dello stesso Tartaglia, poichè questi volea aver l’onore di pubblicarlo prima d ogni altro. Il Cardano promise ogni cosa, e per qualche tempo attenne la sua promessa. Ma quando nel 1545 pubblicò la sua opera intitolata Ars magna, v inserì la teoria delle equazioni del terzo grado, dandone però la lode al Tartaglia. Questi si dolse e menò gran rumore che il Cardano avesse violata la fede datagli. Egli rispose che le aggiunte da sè fatte al metodo del Tartaglia eran tali che gli davan diritto di farle pubbliche. E veramente, come osserva il Montucla, benchè il Tartaglia debba al certo considerarsi come il primo ritrovatore della soluzion generale delle equazioni del terzo grado, il Cardano però, oltre la gloria di essere il primo a pubblicarla,