Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 2, Classici italiani, 1824, XI.djvu/171

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SECONDO -«-I XLIV. La soluzione dell’ equazioni biquadratiche, ossia del quarto grado, che fu l’estremo confine a cui in questo secolo giunsero le scoperte algebraiche, e oltre il quale non sono ancora passate, fu un ritrovato di uno scolaro del Cardano, cioè di Lodovico Ferrari, a cui questi diè a sciogliere un problema proposto da un certo Giovanni da Colle. Il Ferrari riducendo il problema all’ analisi, lo scioglie felicemente coll invenzion del nuovo suo metodo per questo genere d’equazioni; metodo assai ingegnoso, che dal Montucla si espone (Lcit p. 484), difendendone l’inventore contro la taccia che il Wallis gli ha apposta, di non aver fatta nell’algebra scoperta alcuna. Di questo Lodovico Ferrari, di cui nulla si ha alle stampe, trattine due epigrammi, uno greco innanzi al poemetto delle Ore di Natal Conti, l altro latino al fine de’ quattro libri dell’ Anno del medesimo autore, parla il Cardano nella sua opera algebra ica, e accenna la scoperta da esso fatta. Ei ne fa ancora menzione nel suo libro astrologico De exemplis geniturarum (n. 96), e ce ne ha data innoltre una assai breve Vita (Op. t. 9, p. 568, ec.). Egli era nato in Bologna, e di famiglia per origine milanese, ai 2 di febbraio del 1522; e in età di quattordici anni venuto a Milano, senza aver tintura alcuna di lettere, postosi alla scuola del Cardano, avea fatti sì veloci progressi, che mentre contava soli 18 anni di età, avea cominciato a tenere scuola pubblica di aritmetica, e a sostenere solenni dispute con Giovanni Colla e con Niccolò Tartaglia, dalle quali,