Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 2, Classici italiani, 1824, XI.djvu/497

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SECONDO |097 nel settembre del i53o a Francesco Calvi, così ne dice: Habet Valterius Corbetta noster Orationem Ciceronis in L. Pisonem integram quibusdam foliis auctam, quam, opinor, est editurus, nec tibi denegaturus, si pctieris.... lì e versus attieni illc nuper est in Italiam, cum Gallicum id Coelum ferre non posset, jamque ad necem fere aegrotasset, alioquin parata illi erat op tinta a Iìcgc condifio (post Gudii Epist. p. 109). A ciò deesi aggiugnere cbe onore voi menzione ne han fatta anche il Cardinal Morone in una sua lettera al Cortese (Cortes. Op. t 2, p. 182), e il Cardano nel formarne l’oroscopo (De exemplis genitur. n. 5), dicendo ch’ egli era avidissimo di studiare, ch era ancora eloquente oratore, carissimo perciò a’ principi e onorato della dignità senatoria, che parlava sì elegantemente in greco e in latino, che si sarebbe dubitato s ei fosse latino, o greco di nascita, ch era molto versato nell'uno e nell’altro Diritto, e che morì in eia di quarantadue anni nel 1537. Catelliano Cotta pur milanese, onorato in patria di ragguardevoli cariche, e morto nell’an 1549 oltre qualche altra opera legale, e il Compendio della Vita de’ celebri Giureconsulti, illustrò con opportune annotazioni gli Statuti di Milano; e di lui parimente ragiona più a lungo il suddetto Argelati (l. c. p.483, ec.), che ci dà ancora notizia di Pomponio Cotta (ib. p. 4^9? ec-) c^,e fu auditor della Ruota in Roma a’ tempi di Pio IV. Egli nel ragionar di Pomponio nominando ancor Lucio lo dice solo gentile del primo. Ma ch essi fosser fratelli, raccoglicsi