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Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 2, Classici italiani, 1824, XI.djvu/85

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SECONDO 085 perchè in quel punto era sicuro di ottenere qualunque grazia chiedesse ib. c. Ò'j). Dice di aver rigettate non poche vantaggiose proferte fattegli da molti principi, come sopra si è detto, e insieme confessa di aver avuta una furiosa passion nel giuoco fino a perdervi la riputazione, il tempo e la roba (ib. c. 19). In un luogo modestamente protesta di conoscere la sua ignoranza (ib. c. 13), e altrove si vanta di poter con ragion rammentare le sue proprie lodi (l. 12 Genitur. n. 8). Che più? Nel descrivere che fa egli stesso la sua propria indole, le attribuisce tali inclinazioni, che non sembrano potersi unire nello stesso soggetto, e insieme parla sì male di se medesimo, che da questo medesimo si raccoglie lo strano uomo ch’egli era. Ecco il bel carattere ch’ ei forma delle disposizioni sue naturali, ricevute secondo lui dalle stelle: Facit ¡"¡tur ad manuum opificia aptum, animo philosophico, et„icicntiis accommodato, ingcniosum, elegantoni, benemoratum, voltip Ut ari uni, lactum, pium, fidum, sapientiae amatorem, meditabundum, varia machinantem, mente praestanti, ad discendum pronum, ad officia proniptuni pracstanda, acrnu lato rem optiinorimi, invenlorcm rerutn novarum, et absque magi stri opera profìcientem, ìnoribus moderati sy curiosimi re rum medicarum, studi ostini mirartilorum, architectuni} captiosum, dolosum, amari don (uni, arcanorum gnarum, sobrium, industriosi mi ì laboriosum, diligentem, solerlem, in dicm vi ventimi, nugacem, religionis contemptorem, injuriae 1 Hat ac memore ni, invidimi, tris fera,