Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/406

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l558 LIBRO clic fu egli il primo clic ne fosse in quella università professore. Ma di ciò niuna memoria trovasi nei' monumenti dell’ università stessa, come mi ha assicurato il ch. sig. conte Fantuzzi che diligentemente gli ha esaminati. Di fatto lo stesso Teseo racconta (l. c p, 15) che, lasciata finalmente Roma, forse dopo la morte di Leon X, e tornato a Pavia, diedesi tosto a disporre l’edizione da molto tempo da lui meditata del Salterio in lingua caldaica. a cui voleva aggiugnere alcune notizie di quella e di altre lingue orientali; e già avea fatti fondere i caratteri perciò necessarii; quando costretto nel 1527 a passare a Ravenna pel capitolo del suo Ordine, accadde in quel tempo il funesto e orribil sacco della città di Pavia, nella qual occasione il suo Salterio caldaico, e quanto egli avea di codici caldei, siriaci, armeni, ebraici e greci, e di altre lingue a gran prezzo da lui comperati in Roma, e gli apparecchi già fatti per la mentovata edizione andarono dissipati e dispersi. Quanto ei fosse per ciò turbato ed afflitto, nol può immaginare se non chi ha sperimentato in se stesso il dolore di vedere le sue fatiche e i suoi studi di molti e molti anni andare inutilmente perduti. Pare ch’ ei non avesse coraggio di tornare alla sua patria. Certo nel 1529) egli era in Reggio, come ci mostra un passo del Vidmanstadio riportato dal conte Mazzucchelli. Indi passò a Ferrara, della qual città, come della più tranquilla e sicura che fosse in Italia, e del duca Ercole II che nel 1534 cominciò ad esserne signore, così