Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/528

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1680 unno andar del pari, e il sol Galateo potrebbe bastare a farlo annoverare tra’ più colti scrii« tori. Dell’ eloquenza delle Orazioni da lui composte diremo altrove. Le Rime non sono nè le più armoniose, nè le più passionate che abbia la volgar lingua; ma questo difetto è ben compensato dalla nobiltà de pensieri e dalla vivacità delle immagini. E sembra anzi che il Casa avvertitamente studiasse di aprirsi nella poesia un nuovo sentiero diverso da quello che battuto avea il Petrarca, e che allora era seguito comunemente, trascurando quella dolcezza che pareagli per avventura troppo ricercata, e tentando anzi d’introdurre nella poesia una sublime e nobile gravità, a cui ogni altra cosa cedesse. Ma fors ei sarebbe stato più degno di lode, se avesse tentato di unire insieme tai pregi, e di accoppiare, come altri poscia hanno fatto, la maestà alla dolcezza; doti amendue troppo essenziali alla poesia, perchè ella senza alcuna di esse si possa dire perfetta. Le Lettere italiane del Casa sono esse pure scritte con grande eleganza, e sarebbero ancor più pregevoli, se lo stile ne fosse più fluido e più famigliare. Nelle Poesie e nelle Prose latine egli è scrittore coltissimo, ed uno de’ più felici imitatori degli a liti chi; e belle sono singolarmente le due Vite de’ due celebri cardinali Contarini e Bembo. Ei fece ancora conoscere quanto fosse versato nella cognizione della lingua greca, traducendo elegantemente in latino le Orazioni di Tucidide, e la de.scrizion della peste del medesimo storico. Tutte le opere del Casa, come più altre scritte a illustrazione di esse, sono