Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/540

Da Wikisource.

l6(/2 libro al duca medesimo e ad Apollonio Filareto di lui segretario, i cui originali si conservano nel segreto archivio di Guastalla, e nell ultima di esse, scritta da Milano al duca a' 17 di luglio del 1547 cioè men di due mesi prima della tragica morte del duca, egli dà chiari indicii di qualche trama che contro di lui si ordiva: Questo è chiarissimo intanto, dice, che di qua siamo odiati, invidiati et sospetti, et per questo si deve credere, che ci porti mal animo, et dal sig. D. Ferrante in fuori, che è circospettissimo, si vede quasi in tutti, et dal vulgo si dicono apertamente mille pazzie. In somma non v ha dubbio, che si desidera di nuocere alle cose di V. E. L’ uccisione del duca pose in qualche pericolo il Caro, che dovette fuggirsene per vie occulte, e ritirarsi a Parma, ove amorevolmente accolto dal duca Ottavio, fu preso a suo segretario prima dal Cardinal Ranuccio, poscia dal Cardinal Alessandro Farnese, e con quest’ ultimo visse poi sempre fino alla morte, cioè fino a’ 21 di novembre del i.r>66, favorito ed amato costantemente, ed arricchito di diverse commende della Religione Gerosolimitana, alla quale per grazia fu ascritto. Del dolce ed onorato ozio, di cui allora godè il Caro, ei si valse a scrivere le sue opere, alcune delle quali però erano state da lui già pubblicate o composte negli anni suoi giovanili; e tra esse il Ficheide, ossia il Comento sulla Canzon de fichi scritta dal Molza, e la Diceria de nasi. Esercitossi anche il Caro nel tradurre di greco in lingua italiana, e ne abbiamo alle stampe la Rettorica d'Aristotile e due