Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/687

Da Wikisource.

TERZO 183() Tasso (Della dignità, Op. t. 3, p. 1 39, ed. Fir.), il quale ancora diè molte lodi al poema da Curzio dato alla luce, ma non potè con esse ottenere che dagli altri ancora fosse lodato; e ne fu cagione egli stesso, che pubblicando circa il medesimo tempo la sua Gerusalemme oscurò con essa tutti gli altri poemi finallor conosciuti. Di questo dobbiamo or ragionare, facendo prima conoscerne il celebre ma troppo infelice autore. XLVL Alcuni'si aspetteran forse ch’io entri qui a trattare la famosa quistione della patria del Tasso. Ma io crederei di gittare inutilmente, facendolo, e le parole e il tempo; perciocchè in somma ella è quistione di puro nome. Che Torquato nascesse di famiglia stabilita da gran tempo in Bergamo e di padre bergamasco, è cosa di cui i Napoletani stessi non muovon dubbio. Ch’egli nascesse in Sorrento nel regno di Napoli, i Bergamaschi medesimi mai non l hanno negato. Ecco dunque a che riducesi la gran quistione, se chi per accidente nasce fuor dalla patria debba riconoscer per patria l’ antica ed usata stanza della sua famiglia, o quella ove per caso ha veduto il giorno. Se il Petrarca fu d’Arezzo, se l’Ariosto fu reggiano, se Marcantonio Flaminio fu di Serravalle nella Marca Trivigiana, noi confesseremo che il Tasso fu di Sorrento. Ma se il primo benchè nato in Arezzo da tutti dicesi fiorentino, se da tutti dicesi ferrarese il secondo, benchè nato in Reggio, e imolese il terzo, benchè nato in Serravalle, io non veggo per qual ragione non si debba dir bergamasco il Tasso, benchè nato in