Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/767

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TERZO I 9! y lC| di Beolco, che è quanto dire bifolco, o tl,‘ esso gli fosse dato per l amar ch’ ei faceva jragricoltura (a). In fatti nel Dialogo dell’ Usura, j,i cui lo Speroni introduce l usura medesima a favellar col Ruzzante, così le fa dire: Il che tu fai nella Agricoltura, alla quale tutto ti sei donato (Op. t. 1, p. 126). Egli o perchè disperasse di ottener molta fama nel Coltivare la lingua italiana, o perchè a tale studio non fosse inclinato, tutto si diede al volgar dialetto del contado di Padova, e udendo con attenzione que' contadini ne’ loro famigliari ragionamenti, e sforzandosi d’imitare le loro rozze maniere, divenne presto sì eccellente, che e nello scrivere e nel! recitare non avea chi l pareggiasse, talchè il suddetto Speroni lo dice nuovo Roscio di questa età (ivi, p. 61), e Comico eccellentissimo (ivi, p. 115). Grande infatti fu il plauso che ottenne il Ruzzante sì nello scrivere, che nel rappresentare le sue commedie, in modo ch’ egli avea sempre foltissimo numero di uditori, e veniva seguito ovunque ne andasse. Ciò non ostante, ei non potè sottrarsi ai’ disagi della povertà, nella quale (a) Il eh. si^. abate Gennari ha osservato che quel di Itcolco fu il vero cognome della famiglia del Ruzzante, e che ppih non è giusta la conget'ura da me qui formala (Saggio sopra le Accad. di Pad. p. ai). Del Ruzzante parla ancora il suddetto co. «pione, il quale ragiona ancora di Andrea Calmo, di Giambatista Cini, di Giorgio Allione piemontese, c di Aurelio Schioppi veronese, rhe introdurselo nelle commedie diversi popolari dialetti, e dell’applauso con cui questa novità fu accolla non solo in Italia, ma anche ni Francia (l. rii. t. 4, p. 76).