Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 4, Classici italiani, 1824, XIII.djvu/264

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2226 Llimo stampatore e su’ libri, dicendo, come anche al presente udiamo dirsi da molti, che costoro ne chieggono a’ compratori un prezzo tre volte maggior del giusto, affinchè restando invenduto il libro, il povero autore sia costretto a rilasciarne loro le copie per cambio con altri libri, e così poi venderle a lor profitto*, e duolsi ancora che il Grifio abbia fatta una nuova edizione dell’opera stessa, stampandone fino a tremila copie (l. cit p. 405). Per ciò che appartiene allo stile del Ricci, io veggo che alcuni il dicono elegantissimo, e lui annoverano tra’ più felici imitatore di Cicerone. Ma io confesso che benchè a quando a (quando ei mi sembri scrittore assai elegante, parmi però non sempre uguale a sè stesso, e spesso ancora duro e stentato, come suole accadere a chi non si è perfettamente e felicemente formato sul modello degli antichi scrittori. XIII. A questi celebri professori un altro deesi qui aggiugnere, benchè egli pure appena mai salisse cattedra di sorta alcuna, il quale da alcuni fu sollevato alle stelle come il più grand’uomo che mai vissuto fosse al mondo, da altri maltrattato e deriso come un solenne impostore. Parlo di Giulio Cammillo soprannomato Delminio, di cui, anche dopo la Vita scrittane dal conte Federigo Altan di Salvarolo (Calogerà, N. Racc. t. 1, p. 2/j 1), molte cose restano a ricercare. E io entrerò a parlarne alquanto piu stesamente che non ho fatto degli altri soprannomati professori, perchè il farlo gioverà a conoscerne sempre meglio il carattere. Della nascita e del padre di Giulio abbiamo