Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 4, Classici italiani, 1824, XIII.djvu/271

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TERZO 2 233 ’ firmarsi in Francia; quel Re così grande et così liberale gli fece dare seicento scudi. (Muzio , Lettere, p. 72, ed. Fir. 1590). Certe an; cor sono le ampollose promesse eh1 ei lece aì re; ed egli non pago di esprimerle colla voce, le pubblicò ancora nelle sue opere: O Christianissimo, dic’egli egli (c. p. 210), o felicissimo Re Francesco, questi sono i thè sori et le ricchezze dell Eloquenza, che’ l ser\>o di Tua Maestà Giulio Camillo ti apparecchia; queste son le vie per le quali ascenderai alla immortalità; per queste non solamente fieli’ impresa Latina salir potrai a tanta altezza che gli altri Re del mondo perderanno la vista, se ti vorranno in su guardare; ma ancor le Muse Francesche potranno per questi ornamenti andare al pari delle Romane et delle Greche. Viva pur felice la grandezza tua, che se alcuna cosa mancava ne’ molti ornamenti dell altissimo ingegno tuo, la gran fabbrica, che io gli apparecchio, certamente gliela apporterà. Qui ancor si parla di macchina già eseguita, la qual veramente io credo che dal Cammillo non si recasse mai ad effetto, ma che solo con replicate promesse ne tenesse viva fra’ dotti l’espettazione. Tornossene dunque il Cammillo in Italia, ove egli era almen verso la fine i53i, o al principio del 1532, perciocchè in una lettera scritta da Bologna a’ 20 di settembre del 1532 ei dice che dal marzo fino a quel tempo era stato confinato sempre nel letto (Op. t. 1, p. 197). Un’altra lettera scritta a’ 29 di gennaio dell1 anno seguente ci mostra ch’egli era allora in Venezia (ivi, p. 198). Tornossene poscia, non sappiam quando, in