Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 4, Classici italiani, 1824, XIII.djvu/288

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225o LIBRO ornamentum sit allaturus (l. 2, ep. 22). Aggiungansi a tutto ciò le versioni della Rettorica d’Aristotele fatte dal Brucioli, dal Segni, dal Caro, dal Piccolomini e da Matteo Franceschi e quelle dell’Opere retoriche di Cicerone fatte dal medesimo Brucioli, da Orazio Toscanella, da Rocco Cattaneo e da Simon della Barba, dal Dolce e da altri *, e le opere dello stesso argomento date alla luce da Giammaria Memmo, da Francesco Sansovino, da Daniello Barbaro, da Francesco Patrizio, da Mercurio Concorreggio, da Giason de Nores, da Fabio Benvoglienti, da Gabriello Zinano, da Lodovico Carbone di Costacciaro e da più altri, e si vedrà che copiosissimo fu questo secolo di maestri e di scrittori dell’arte rettorica. Qual fosse il frutto che da tante fatiche si trasse , si vedrà nel capo seguente, ove ragioneremo dello stato dell’eloquenza di questo secolo. Frattanto da’ professori d’eloquenza facciam passaggio a’ professori di gramatica, benchè alcuni di essi si avanzasse!’ talvolta o a salir le cattedre , o a scriver precetti d’eloquenza. XIX. Se grande fu il numero de’ professori e degli scrittori dell’arte rettorica, assai maggiore fu quello de’ professori e degli scrittor di gramatica, come necessariamente allor richiedeva , e richiede anche al presente, la gran copia di fanciulli che a quello studio si volge. Ma allora pure avveniva ciò che a me non appartiene a decidere se avvenga anche a’ dì nostri, che fra cento maestri, due, o tre appena si potessero additare a cui un tal