Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 4, Classici italiani, 1824, XIII.djvu/319

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TERZO 228l aggiugnendo che presto sarcbbono usciti i Comenti da sè composti sugli Uffici di Cicerone. Ma poscia avendo saputo che Aldo pensava di pubblicar i suoi Comenti su tutte 1’opere di Cicerone , scrisse da Sulmona nel 1572 una sanguinosa lettera allo stesso Vettori (ib.p. 151, ec.), nella quale gli dice che nulla aveva Aldo di suo in quell’opera, trattene alcune inezie; che tutto aveva tolto a Paolo suo padre, a più altri e a sè ancora; eli cgli perciò aveva separate le sue proprie note, e aveale mandate in Anversa al Plantino, segnando ciò che Aldo gli aveva involato; che sarebbe a bramare che lo stesso facesser tutti, poichè allora Aldo sarebbe veramente rimasto quale spennacchiata cornacchia; e quindi aggiunge che egli sa bene che il Mureto , il Pinelli, il Mercuriale, il Riccobuoni, il Cardinal Sirleto, il Bargeo, l’Orsini e tutta Venezia conosce e odia e disprezza Aldo; e ch’egli muoverà ogni pietra, e non cesserà mai dall1 adoperarsi con ogni premura, perchè colui sia scoperto e conosciuto da tutti come solenne ladro delle altrui letterarie fatiche. In questo stile ognun vede un irragionevol trasporto, o d’invidia, o di sdegno. È probabile che il prudente Vettori occultasse la lettera, sicchè Aldo nulla ne risapesse; perchè non veggi amo clic questi gli facesse risposta. Ma frattanto nè il Ciofano potè ottenere che le sue Note su’ libri degli Uffici fossero pubblicate , nè potè persuadere ad alcuno che Aldo non fosse assai più di lui erudito e più colto scrittore, e che le opere di esso non meritassero quell’applauso