Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 4, Classici italiani, 1824, XIII.djvu/377

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TERZO 333^ di questi singolarmente doleasi Egidio versatissimo in quella lingua. Anche in queste lettere, e in uu’ altra pure a lui scritta (ib.p. 92), il Filalteo esalta con somme lodi la virtù, lo studio, l’erudizione del cardinale, la gran perizia ch’egli avea nelle lingue greca, latina ed ebraica, la grazia e la facondia eh’egli avea nel ragionare, e rammenta principalmente la versione in poesia latina di non so quale canzon del Petrarca, nel che era sì felicemente riuscito, che pareva aver superato l’originale. Dopo il sacco di Roma, fu il Cardinal Egidio in Padova per lo spazio di un anno quasi sempre infermo, come ci mostra una lettera a lui scritta dal Bembo (Famil. l. 5, ep. 28). Tornossene poscia a Roma, ove a’ 21 di novembre del 1532 finì di vivere. Di che scrivendo il Bembo al generale degli Agostiniani, Dio il sa, dice (Lett. t. 1, l.12, Op. t. 3, p. 84), e certo sono, che anche V. S. sel crede, che mi è grandemente doluto in morte del sig. Cardinale Egidio, il quale era e dotto, e amico de’ dotti e letterati, e grato e gentile, e sopratutto pieno di soavissima facondia, che addolciva gli animi di chiunque usava con lui. Pochissimo è ciò che di un uomo sì dotto abbiamo alle stampe; anzi oltre 1’orazione e le lettere già accennate, io altro di lui non trovo scritto in latino, che alcune lettere a Giovanni Reuclino, e un’altra a Pierio Vale» riano, da questo premessa al libro xvii\de’ suoi Geroglifici, nella prefazione al quale fa grandi encomj di Egidio, e rammenta che in Tiralo seni. Voi. XIII. 24