Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VIII, parte 1, Classici italiani, 1824, XIV.djvu/283

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SECONDO 21I 6Ua lettera al Magalotti, scritta nel 1673, Molto prima» dice (Magal Lett. famil Fir. 1769, t. 1. p- 44)? avevo inteso da V. S. medesima, quanto quegli (l’Ugenio) malagevolmente soffrisse la giusta pretenzione che noi qua abbiamo a favore del gran Galileo nostro, primo in tempo osservatore ed applicatore del pendolo olì oriuolo, e del sig. Vincenzio suo figliuolo, primo esecutore dei concetti del padre. Del dispiacere che l’Ugenio provò in udire che il Galileo prevenuto l’avesse in questa sì bella invenzione , abbiamo la pruova nella lettera da lui su ciò scritta al Cardinal Leopoldo de’ Medici nel 1673 , e nella risposta a lui fatta dal cardinale (Lett. ined. d’Uom. ill. t. 2, p. 222, ec.), il quale nell’atto di assicurare l’Ugenio ch’egli era ben persuaso che nulla gli fosse giunto all’orecchio dell’invenzione del Galileo, conferma insieme che questi veramente era stato il primo ad idearla: Per quello che ri sguarda all invenzione del pendolo, con asserzione dettata da animo sincerissimo costantemente le affermo di credere mosso da un forte verisimile, che a notizia di V. S. non sia per alcuno tempo venuto il concetto, che sovvenne ancora al nostro Galileo, di adattare il pendolo all oriolo: poiché ciò era a pochissimi noto, e l’istesso Galileo non aveva ridotto all atto pratico cosa veruna di perfetto a tale conto, come si vede da quel poco che fu manipolato ed abbozzato dal figliuolo. E l’Ugenio medesimo scrivendo al Bullialdo, si arrende finalmente a credere che il Galileo l’avesse in ciò prevenuto: llfautbien croire pourtiuit, puisqu un tei Princc bassure,