Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VIII, parte 1, Classici italiani, 1824, XIV.djvu/551

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. 53i> bontà quelli del Galileo. So che il Pignoria, scrivendo a Paolo Gualdo nel 1609), indicò un cannocchiale che il Cardinal Borghese avea ricevuto da Fiandra simile a quello che il Galileo avea donato alla Repubblica di Venezia (Lett. d’Uom. ill Ven. 1744? p 112). Ma mi ricordo altresì che in una lettera da lei citata (Stor. (della Lett, ital, t. 8, p. 127, ed. prima) si doleva Costantino Ugenio che coi telescopii (d’Olanda male si potevan distinguere quei satelliti. Mi permetta che aggiunga qui le parole della lettera stessa: I telescopii che si fanno in queste parti, non assicurandoci i e/uà tiro satelliti di Giove, de’ quali si tratta, se non con certe scintillazioni, ec. E nell’anno medesimo scriveva Martino Ortensio in una lettera recata dal Vandelli (Vandelli, Consid. sopra la notiz. degli Accad. Lincei, p. 33): Hinc de telescopio agere cœpimus, comperimusque nulla in Batavia hodie, quæ tantam precisioncrn poi licori queant, quanta ad eas observationes requiritur. Solent enim, etiam optimi, discum Jovis hirsutum offerre, et male terminatum, unde Joviales in ejus vicinia non recte conspiciuntur.... non tamen vidimus quomodo in Holandia tam exquisita possumus nancisci, quandoquidem omnes artifices rudes experimus, et dioptrictf quam maxime ignaros. Che se così erano imperfetti i telescopii, quando quelle due lettere furono scritte, cioè nel 1637, e parecchii anni dopo le fatiche e gli studi di Cornelio Drebbelio, quanto più dovevano esserlo al tempo del loro fortuito scoprimento. Ora con tali strumenti difficilmente mi darò a credere