Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VIII, parte 2, Classici italiani, 1824, XV.djvu/173

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t rii 7,0 (ì<)7 Jjt» appariva ancor più spiacevole in un uomo, qual egli era, di aspetto deforme, non l’avesse remi ut o odioso e oggetto degli scherzi e delle satire di molti, e fra gli altri del famoso Settano. Ciò non ostante, è certo che le Poesie del Guidi son piene di entusiasmo e di forza , e ch’egli è uno de’ pochi che felicemente han saputo trasfondere nell’italiana poesia l’estro e’I fuoco di Pindaro. Per comando della reina egli scrisse ancor l’Endimione., dramma pastorale, in cui la stessa Cristina non si sdegnò d’inserire alcuni suoi versi. Volle ancora scrivere una tragedia, prendendone l’argomento dalle vicende di Sofonisba; ma dissuaso dagli amici a continuar quel lavoro, per cui non parve disposto dalla natura, si volse invece a tradurre i Salmi. Ma anche questa fatica dovette interrompere, richiamato a Pavia sua patria, e destinato a trattare presso il principe Eugenio governatore della Lombardia la diminuzione de’ pubblici aggravii. Nel che egli fu sì felice, che ne ebbe in ricompensa l’onore di esser posto nel numero de’ patrizii pavesi. Tornato a Roma, diessi a compire la traduzione già cominciata delle Omelie di Clemente XI. Questa traduzione però non solo non ottenne al Guidi quel frutto che ne sperava, ma gli fu anche fatale; perciocchè essendo essa stampata, e volendone egli offrir copia al pontefice che allora villeggiava in Castel Gandolfo, per viaggio leggendo il suo libro, vi trovò qualche errore di stampa, di che fu oltremodo afflitto; e giunto a Frascati, mentre ivi si trattiene, fu sorpreso da un colpo d’apoplesa, che a’ 12 di giugno del 1712 il tolse di vita.