Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VIII, parte 2, Classici italiani, 1824, XV.djvu/203

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TF.RZO 727 XXV. Ci resta a dire per ultimo degli scrii- xxv. tori di poesie teatrali. E di queste pure noi po- ,„’^ ’1^1treinmo qui dare un lungo catalogo, se voles-cbesimo aver riguardo più al numero che alla sceltezza. Ma pur troppo ci convien confessare che fra molte centinaia di tali poesie che questo secol produsse, non molte son quelle che si possano rammentare con lode. E qui è.singolarmente dove gli stranieri c’insultano, e rimproverandoci le irregolari tragedie e le sciapite commedie italiane, ci van ripetendo fastosamente i gran nomi de’ Cornelii, de’ Racine, de’ Moliere. E non negheremo già noi che questi illustri scrittori sieno stati i primi a condurre alla lor perfezione la tragedia e la commedia, e che noi non avevamo ancora avuto alcuno che fosse giunto tant’oltre. Ma se i nostri rivali vorranno usare di un’eguale sincerità, dnvrnn essi ancor confessare che noi nel secolo precedente avevamo avuti scrittori di tragedie e di commedie, se non eccellenti e perfette, come quelle de’ mentovati scrittori, certo molto pregevoli, mentre in Francia appena si conoscevan di nome tali componimenti; che le Tragedie dell’Alamanni, del Rnceliai, del Tri ssi no, del Martelli, dello Speroni, del Giraldi, dell’Anguillara, del Tasso, del conte di Cammerano, del conte Torelli, del Cavallerini che le Commedie del Macchiavelli, dell’Ariosto, del cardin Bibbiena, del Cecchi, del Gelli: che i Drammi pastorali del Beccari, del Tasso, del Guarini, dell’Ongaro, furono i primi esempii di tal genere di poesie che dopo il risorgimento delle lettere si vedessero; che i tre gran lumi’ della