Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VIII, parte 2, Classici italiani, 1824, XV.djvu/289

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813 Spagnuoli certamente furono quelli che condotti al cattivo gusto dalla forza del clima., sotto di cui eran nati, recarono in questi tempi maggior danno all’eloquenza e alla poesia, ove ei mi fa dire francamente quelle parole condotti dalla forza del clima, mentre io ho detto solo che il clima sotto cui eran nati, congiunto alle cagioni morali, potè contribuire, ec. È ella dunque questa la fedeltà e la scrupolosa esattezza con cui si debbon recar le parole degli autori, quando si vogliono impugnare? Un’altra ancor più grave infedeltà io debbo rimproverare il sig. abate Lampillas. Ecco le parole ch’egli in altro luogo mi attribuisce (par. 1, p. 219): Lucano e Marziale, come chiaramente si vede, vogliono andare innanzi a Catullo e Virgilio, e il loro esempio fu ciecamente seguito; e dice che ciò io ho scritto per conservare alt Italia il privilegio di non corromper la poesia; e per mostrare chi furono gli autori del fatale cangiamento nella romana poesia. Or leggasi quel tratto nella mia Dissertazione preliminare (p. 26). Io mi studio di provare in quel luogo, che la decadenza dell’amena letteratura nasce dal voler superare coloro che l’hanno condotta alla sua perfezione. Io lo dimostro con rammentare ciò che accadde dopo la morte di Cicerone, e nell’età susseguente al secolo detto d’Augusto. Dico che Asinio Pollione, e poi i due Seneca, con raffinar l’eloquenza affine di superar Cicerone, la renderon peggiore; che Velleio Patercolo e Tacito caddero in molti difetti, perchè vollero superare Livio, Cesare e Sallustio; e venendo poi