Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VIII, parte 2, Classici italiani, 1824, XV.djvu/361

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885 di tralasciar del tutto quest’accusa, e così si sarebbe risparmiato il rossore di sentirsi rinfacciare la più vergognosa falsità: leggasi la pag. del mio secondo tomo, leggasi pure tutto quel § 8 dove io parlo di S. Domenico, e vedasi se in esso si trova una tale accusa; e non potranno se non che maravigliarsi i leggitori che un uomo il quale , non pago di troncare e travisare i miei detti,. finge in oltre accuse del tutto ideali, abbia nondimeno il coraggio di dire: che può egli rispondere? io cito le sue precise parole senza punto alterarle, com’egli ha alterato le mie (pag. 20). Nè potranno guardare senza sdegno che su questo falso fondamento venga io da lui trattato con la dispregiante espressione: Chi mai avrebbe creduto che dovesse trovarsi un abate Lampillasj ec.*, espressione che il solo sentirsi rinfacciare, dovea tingere di rossore chiunque non affatto ignori i doveri dell’urbanità. Ecco la mia doglianza contro il Tiraboschi in tutto quel passo. Io prendo a dimostrare che i sacri studi furono in quel secolo promossi ed illustrati in Italia dagli Spagnuoli. Cominciò con uno degli avvenimenti più vantaggiosi alle scienze sacre, quale fu la fondazione dell* illustre Ordine de’ Predicatori. Affermo che l’Italia sperimentò bene questi vantaggi , e ne reco in pruova le parole stesse del Tiraboschi. Tutto ciò si trova nella pag. 195 del mio secondo tomo. Quindi ripiglio pag. 19G. « Di tutti questi vantaggi, io chieggo, non è « debitrice l’Italia al gran S. Domenico, glo« ria ed ornamento della nazione spaglinola?