Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VIII, parte 2, Classici italiani, 1824, XV.djvu/391

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15 Spagna è non men disperata di quello che fosse la salute di Troja nella notte del fatale incendio. Tanto ei viene a dire con quell’espressione lett. p. 19): Si Pergama dextra D eie tuli possenl.... hac defensa fuissent. Ma potrà egli lusingarsi di averla ridotta a cotal misero stato, ed intimoriti i di lei di Tenditori a segno, che abbandonato il campo, gli lascino in man la preda ed il vanto della vittoria? Sappia dunque, bravissimo sig. abate, che restano ancora alla nazione Spagnuola molti prodi campioni che difenderanno in campo aperto quest1 attaccata Troia, c non saranno mai per impallidire in faccia a codesto valoroso Achille. Speriamo altresì che i nostri avversari non saranno mai per adoperare quelle arti con cui i Greci trionfarono di Troja, mentre noi non crederemo lecita ed onesta nelle guerre letterarie quella massima: Dolus, an virtus, quis in hoste requirat? E potrà lusingarsi il sig. abate Tiraboschi di comparire in questa lettera men prevenuto contro la nostra letteratura di quello che sia stato da me dipinto nel Saggio apologetico? Mentre non solo si vanta di non essere convinto dalle sode ragioni con cui ella è stata difesa, ed alle quali per altro egli non risponde; ma pretende di più, che il pubblico creda che non è in grado di potersi difendere la nostra nazione dalla nera taccia di corruttrice del buon gusto letterario d’Italia.