Pagina:Toaldo - Dei conduttori per preservare gli edifizj da' fulmini - 1778.pdf/13

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gliono assolutamente, che da nozioni vaghe di fuochi ed altri effetti elettrici che conoscessero gli antichi (nè pur intesi nel senso nostro), o da un passo ambiguo di un Istorico, si possa stabilire una tale opinione.

Forse v’è troppo di decisivo da una parte e dall’altra. Certo non può negarsi, che la congettura del Comentatore Francese sia ingegnosa insieme e felice. Concorre a darle qualche valore, e far sospettare che gli antichi avessero almeno qualche nozione dell’elettricità atmosferica rapporto a fulmini, la credenza in cui erano, che l’albero dell’alloro fosse immune dai fulmini, e perciò consacrato a Giove; credenza del tutto fondata nella fisica dell’elettricità, essendo l’alloro albero resinoso, e però, come altrove ho rimarcato, di natura ripugnante al fulmine, come sono tutti gli altri alberi resinosi, l’ulivo, il pece, il ciliegio ec.. Anzi a proposito dell’ulivo può avvalorar tal’opinione l’uso antico ricevuto tra’ Cristiani di accenderlo ne’ temporali, di porne le rame sui Campanili, sulle case, su gli alberi, su i confini de’ campi, sui letti; è vero, che più di tutto vale la benedizione, e che la divozione ora è il solo oggetto che move il popolo; ma niente ripugna, che, essendo questo costume nel popolo, la Chiesa l’abbia adottato e consacrato colle ceremonie.

Una tal’opinione oscura, o tradizione, sembra venuta da qualche antico popolo distrutto, che possedesse questa, ed altre scienze in grado eminente: è credibile, che sia stata in antichi e ignoti tempi, e forse più volte, qualche nazione, o età, più colta, più illuminata, per le arti e per le scienze, che la nostra. Tante arti perdute, e tante tradizioni, che si credevano favole, e che in oggi si verificano, come l’effetto della Torpedine, l’arte di calmar l’onde coll’olio, ed altre che non ho presenti, lo insinuano; e tale può esser stata l’arte di evocar i fulmini.

Il Sig. Bailli, nella sua recente istoria dell’Astronomia antica, con grande ingegno erudizione e probabilità prova, esservi stata appresso un’antica nazione, anteriore agli Egizi, a’ Caldei, agl’Indiani, a’ Chinesi, un’Astronomia, almeno tanto estesa e perfetta che la nostra. Poichè ciascuna delle nominate Nazioni teneva parte qualche dogma sublime di questa Scienza consumata, come il sistema del mondo, il corso delle comete, dei Cicli maravigliosi, che ripugnano all’angustia e rozzezza delle altre parti dell’Astronomia loro. Dunque queste non potevano esser che reliquie e tradizioni staccate da una Scienza in sommo grado posseduta tutta insieme da una nazione, o compagnia d’Uomini illuminatissimi, dispersa poi da qualcheduna di quelle gran vicende che arrivano sulla terra.

Lo stesso deve credersi della Fisica; e deve credersi che avessero non solo delle sublimi e giuste speculazioni, ma che facessero osservazioni ed esperienze, e possedessero degl’istromenti forse superiori ai nostri. Questo è certamente vero in Meteorologia: tante offervazioni, e regole, in fatto di stagioni e di tempi, tramandate a noi da Teofrasto, da Arato, da Plinio, e da altri, si verificano al giorno d’oggi quasi appuntino, per quanto permette


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