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188 in risaia


XXIX.

La Nanna rimase sola, e s’affrettò a porre le mani in pasta per la torta del Natale. Era agitata, convulsa. Le sanguinava ancora il cuore ogni volta che si ricordava quel gomitolo, ed il modo indegno con cui s’era cercato d’illuderla per farsi beffe di lei, in omaggio alla cognata. E lo ricordava sempre.

— A questo modo non si va avanti, pensava. E ripeteva in sè stessa molte considerazioni sull’onore della famiglia, sulla pace del fratello; e si forzava di persuadersi che la cognata fosse una gran colpevole, per rinfrancarsi nei suoi propositi di vendetta, e per vincere un vago sgomento che l’assaliva all’idea della catastrofe che stava per suscitare.

Quella torta dovette riescire soffice come una spugna, grazie all’energia febbrile con cui la Nanna maneggiò la pasta, stirandola, battendola, ravvoltolandola in tutti i sensi.